Un concerto “perfetto”? No, un’esecuzione fatta con l’anima e la voglia di suonare, a tutti i costi, dal vivo. Questa è l’impressione che si è percepita durante il live tenuto il 21 Febbraio dal cantautore siciliano. Era solo la seconda data di un tour ancora in fase di rodaggio con nuova band e un nuovo lavoro discografico da presentare per tutta Italia.
Come una squadra di calcio, all’inizio del campionato, così un gruppo di musicisti, all’inizio di una tournée, si trova difronte alle difficoltà di tipo tecnico che nelle situazioni successive vengono appianate o almeno lo si spera. Colapesce, sebbene sia solo al suo secondo lavoro discografico, è presente sulla scena musicale da circa dieci anni durante i quali ha preso parte a numerosi progetti musicali prima di arrivare al suo primo Ep da solista nel 2010. Due anni dopo, l’album di debutto,“Un meraviglioso declino”, gli ha fatto vincere la targa Tenco come migliore opera prima.
Sul palco del Ma, in un’atmosfera da concerto nei pub mista al rigore teatrale, lo si è visto alle prese col nuovo album e non solo.
Due dischi diversi tra loro, all’attivo, dai quali Colapesce ha tirato fuori una scaletta ben calibrata tra il recente passato e l’attuale. Particolarmente ispirato dalla musica anni settanta e ottanta, nel disco come dal vivo, vi è un ritorno ai sintetizzatori che in quegli anni dominarono il repertorio del rock progressive e del cantautorato nostrano. Ascoltandolo dal vivo si è avuta, a tratti, la sensazione di trovarsi in un’atmosfera vicina a quella dei concerti di Battiato, nella fase elettronico-sperimentale o di Giuni Russo o Alice all’inizio della loro carriera. Colapesce è un ribelle ben educato e sotto l’aria da “bravo ragazzo” nasconde una fine vena polemica. Nell’epoca in cui la musica è creata in serie dal laboratorio del talent, a fare la differenza sono i giovani distanti dai modelli preconfezionati.
Vale la pena, dunque ascoltare qualcuno che canti qualcosa di diverso anche se non lo si può proprio definire “the voice”.
Ebbene la voce non è, almeno all’apparenza, il punto di forza del cantautore al di la delle “stecche” durante il concerto dalle quali non è al riparo nessuno. In ogni caso per gli chansoniers francesi e per molti cantautori della musica italiana e internazionale la voce non educata al canto ne faceva un tratto distintivo. Col suo timbro vocale Colapesce ha interpretato i brani del suo repertorio. Composizioni che riguardano tematiche come amore, vita di coppia, situazione politica. Il mondo attuale fatto di sogni e realtà ben evidenziato in canzoni quali “Restiamo in casa” , “La zona rossa”, un giorno di festa” oppure “ Dopo il diluvio”, “Entra pure” e molte altre ancora, fino ad arrivare a “Maledetti italiani” singolo che ha dato il via al nuovo lavoro discografico e con il quale si è chiuso il concerto. In questo brano è evidente l’autocritica, oltre che la critica all’intera popolazione che fa poco o niente per evitare un destino avverso di cui, secondo molti aspetti è complice e artefice.
Un live che, nonostante qualche problema tecnico, ha entusiasmato i molti presenti in sala.